





La prima volta non si scorda mai e Martina Caironi se la gode tutta in un brivido, naturalmente misto, tra emozione e concentrazione, davanti ad una nazione intera.

La ventiseienne di Alzano Lombardo, infatti, orgoglio nostrano che vince e stravince nel mondo dell’atletica paralimpica, sarà la portabandiera alle Olimpiadi di Rio 2016. Il giorno più brutto della sua vita, quando a 18 anni perse la gamba sinistra causa di un tragico incidente in moto, ormai è un ricordo lontano.
Caironi si aspettava questa scelta?

«E’ stata inaspettata perché sono alla mia seconda Paralimpiade e non ho una carriera lunghissima alle spalle. Sono emozionata adesso, figuriamo a Rio quando avrò dietro tutta la squadra. Sono veramente felice e faccio ancora fatica a crederci. Stavo andando al mare quando Pancalli mi ha comunicato la decisione, mi è sembrato un sogno. Il percorso che ho fatto mi è sembrato così naturale, scontato, non mi aspettavo un riconoscimento così grande. Sono sei anni che faccio atletica, mi hanno dato la protesi e io ho iniziato a correre. Non mi sono mai curata di altro e anche adesso che avrà questo onore non porto rancore a nessuno per quello che mi è successo. Anzi, è la dimostrazione di quanto la vita può essere bella, tutto questo è già uno schiaffo morale per chiunque cerca di mettermi i bastoni fra le ruote, compreso chi ha causato il mio incidente. Ma ripeto, non penso che portare rancore sia produttivo, io la rabbia la trasformo in energia positiva. Non ho angoli bui o rivincite da prendermi».
Questa investitura non sarà un macigno?

«No anzi mi darà maggiore carica in gara perché vorrò dimostrare il mio valore. Sarò la figura di riferimento per i miei compagni. Inoltre dovrò difendere l’oro di Londra».
Alle Olimpiadi la portabandiera sarà Federica Pellegrini: due donne a rappresentare l’Italia, è un segnale?

«Non so se sia un segno del destino, ma due portabandiera in rosa è una cosa straordinaria. Noi non rappresenteremo solo le donne, ma l’Italia intera, e ci sentiamo forti e al pari degli uomini».
Che cosa ti ha spinto a iniziare a correre?

«Nel 2010 ero a Budrio, in provincia di Bologna, in un centro specializzato nella costruzione delle protesi, quando ho visto le foto di altri atleti disabili impegnati nelle gare di corsa e da lì mi è venuta la voglia di provare e mi sono informata».
Ti senti un esempio per le persone nelle tue condizioni?

«Sono felice di essere un punto di riferimento. Da Londra, quando vinsi l’oro nei 100 metri della categoria T42, che moltissime persone mi seguono e scrivono sui social. Inoltre molti mi hanno ringraziato perché è proprio grazie a me che hanno iniziato a correre e praticare sport».
Dopo aver toccato il cielo a Londra, cosi ci si può aspettare a Rio?

«Voglio battere il cinque al Cristo Redentore (riso ndr). Scherzi a parte, dovrò riconfermarmi nei 100 metri, oltre al salto in lungo. In quest’ultima disciplina sono cresciuta moltissimo, e infatti ho vinto un oro e un argento ai Mondiali, e mi piacerebbe molto confermarmi anche a Rio».
Dopo i giochi in Brasile, continuerà ancora a gareggiare?

«Voglio pensare ad un passo alla volta. Sicuramente quando smetterò, mi piacerebbe rimanere in questo mondo».
Photo Credits: profilo ufficiale Facebook di Martina Caironi
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